Tra le letture di Papa Francesco: l’italoargentino Dal Masetto

Dal MasettoCome per Jorge Bergoglio anche per lui le radici affondano nella nostra terra e in particolare in Piemonte. Ed anche lui ha una storia di emigrazione, un’epopea familare che muove dalla provincia e in cui si affronta il viaggio verso un Paese lontano che poco a poco diventa patria. Parliamo di Antonio Dal Masetto, nato nel 1938 ad Intra sul lago Maggiore ed emigrato in Argentina assieme alla sua famiglia nel 1950. Francesca Ambrogetti, autrice del primo libro intervista all’allora cardinal Bergoglio, divenuto velocemente un best seller all’indomani dell’elezione al soglio pontificio, spiega che papa Bergoglio ha letto con molto interesse i suoi libri, anzitutto per ovvie ragioni di comunanza di destino. L’emigrazione verso l’Argentina e la prospettiva complessa del ritorno.

Il tema dell’immigrazione in Argentina è presente soprattutto in due dei suoi romanzi, ma limitarsi al dato geografico è ovviamente superficiale. Sia In Oscuramente forte è la vita (tradotto in Italia da Omicron nel 1995 e da allora praticamente introvabile) sia in La terra incomparabile il tema dell’abbandono della terra e della ricerca di una nuova patria è fortemente connesso all’amore per le radici, per i segni di un’appartenenza che non sono una semplice rivendicazione etnica ma assumono dei toni e dei contorni che pescano nel profondo dell’animo dei personaggi. Dove è forte la valenza simbolica, l’espressione di pensieri che riguardano il senso della vita, il desiderio di portare con sé una buona parte di ciò che si è vissuto, di salvare la memoria e se possibile di trapiantarla. Sono simboli in questo senso organici, agricoli, naturali. Così in Oscuramente forte è la vita la donna che segue il marito alla volta dell’Argentina raccoglie un mucchio di terra piemontese in un sacchetto che porta con sé come una reliquia, quasi come un figlio, in sostanza come un simbolo vitale.

“Tutti dicevano di invidiarlo ed invidiarmi per quella fortuna. Io tacevo. c’era qualcosa in me che si opponeva, che non capiva. Mi sentivo come se una volontà estranea mi avesse afferrata di sorpresa e mi stesse trascinando in un’avventura a cui non ero preparata”

Questa visione del mondo in bilico tra realismo della quotidianità e nostalgia del cuore è chiaramente biografico, è il segno di un trapianto di vita, consuetudini, di speranze che devono come rinascere dal nulla, da un grado zero dell’esperienza. Lo dice testualmente Dal Masetto in un’intervista consultabile in rete “Perdere tutto per possedere di nuovo tutto. E’ quello che forse mi ero inventato per giustificarmi”.

Ed è insieme tensione verso l’autenticità. La stessa che i suoi protagonisti ricercano attraverso vicende articolate, sofferte, a tratti grottesche, una ricerca difficile da attuare soprattutto nel periodo oscuro della dittatura militare che funestò l’Argentina dal 1976 al 1983 facendo scomparire nel nulla decine di migliaia di oppositori e soffocando le energie del Paese in un clima di repressione senza mandanti e senza volti, un’atmosfera infestata di sospetti, paura delle delazioni, di rastrellamenti improvvisi, di una violenza sordida e strisciante.

Dal Masetto li racconta quegli anni ma li concentra in una giornata, il tempo di un romanzo breve e filante, quasi un apologo nella sua esemplarità. Si intitola Strani tipo sotto casa, e la giornata in questione è quella della vigilia della finale del Mondiale 1978 organizzato proprio dall’Argentina del generale Videla. Una partita epica che si concluderà con la vittoria storica dei padroni di casa guidati da un incontenibile Mario Kempes con indosso la maglietta numero 10, la stessa che Maradona glorificherà nel decennio successivo. In realtà però il calcio resta sullo sfondo così come lo scenario politico; protagonista assoluta è la paura, il timore di essere spiati, seguiti, l’ansia nel supporre che quelle persone all’angolo con la visiera ben calcata sulla fronte siano lì per un appostamento, ideato per incastrarti anche se forse, anzi sicuramente non hai commesso alcun reato e probabilmente tutto quello che vedi e pensi è un grottesco inquietante equivoco.

Dal Masetto segue passo passo le 24 ore del suo protagonista, un giornalista che non ha nulla dell’eroe o del patriota. Non si è mai occupato di politica, mai ha affrontato cronache di casi scottanti, non crede proprio di avere nemici. Eppure in un’excalation progressiva di esitazioni, dubbi, timori tanto poco plausibili quanto logoranti, finisce in un tunnel surreale di azioni, avvenimenti, congetture e interpretazioni prive di consistenza ma tremendamente incombenti su ogni parvenza di futuro. Perfino il silenzio degli amici gli sembra nascondere l’imbarazzo di un’informazione segreta, di  un patto col diavolo invisibile, una loro tacita resa al potere. Eccolo allora il nocciolo del racconto, la sua chiave di lettura: un potere oscuro e totalitario che nega all’uomo la fiducia nell’autenticità soffocandolo in un labirinto di congetture dove la verità non ha quartiere, dove la verità è impossibile. La paura cancella ogni traccia di umanità e di ragionevolezza. Il teorema di ogni dittatura celebra così la sua matematica ferocia

“All’improvviso, così come era venuta, la luce se ne andò e l’appartamento tornò al silenzio e all’ombra delle candele. Allora, ciò che sopraggiunse non fu la capacità di riflessione attesa, i ragionamenti che era stato ad aspettare per riscattarsi dal vuoto. Anzi, arrivò, ancora più forte di prima, la sensazione di essere impotente e senza difese. E la paura. Fu come se sentisse paura per la prima volta nella sua vita. O come se tutte le paure della sua storia risorgessero e si concentrassero in una paura unica e in quel momento.”

Tracciando senza incertezze questo sprofondamento nell’assurdo Dal Masetto ci fa leggere nella filigrana della storia il desiderio forte e inestirpabile dell’essere umano alla ricerca della verità. Quanto più il potere ha soggiogato perfino l’immaginazione del singolo tanto più ci appare freddo, inumano: sconfitto dalla sua pretesa di dominio fin nelle fibre di ogni persona. Sì, perché anche se si libra sul filo incerto e sottile delle proprie congetture, di un’immaginazione provata e sfiancata dall’ansia, l’uomo una via di salvezza comunque la punta, anche a costo di inventarsela. E questo è lo scacco incontrovertibile per qualsiasi potere: il non poter calcolare ciò che c’è di incalcolabile nell’anima dell’uomo.

 

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