Snoopy e Woodstock. Ovvero dell’amicizia.

Snoopy e WoodstockNon è bene che il bracchetto sia solo. Lo avrà pensato, come demiurgo del mondo dei suoi Peanuts, il buon Charles Schulz, meditando probabilmente sugli esiti dei primi dialoghi, le prime interlocuzioni tra Snoopy e la sgangherata, cervellotica, lunatica banda dei suoi omini travestiti da bambini con maglione a rombi. Vedendolo così caninamente solo, all’inizio, il creatore della sua storia ha pensato di regalargli un compagno. Un amico. Imprevedibile per razza, natura, temperamento.

Meglio così, in ogni caso. Perché le amicizie scelte per affinità mentali, ideologiche, culturali si deteriorano facilmente. Gli amici incontrati, loro, rimangono. I legami traballano, si allentano e a volte si logorano, ma quasi per grazia involontaria si riannodano da qualche parte, come il rovo abbraccia la rosa.

Il compare di Snoopy è un uccellino improbabile, somma di quattro colpi di matita così rapidi e incerti da sembrare casuali. Così fragile e scomponibile da evocare direttamente l’idea di protezione, il desiderio di compagnia.

In cima alla cuccia Snoopy aspetta spesso Woodstock come il messaggero di un mondo ancora più sfumato e minuscolo del suo. Questa specie di passero sbilenco usa la ciotola dell’amico cane come piscina d’immersione, sul cui fondale cerca relitti di navi spalancando così per Snoopy orizzonti ancora più profondi, improbabilissimi, più nascostamente surreali. Cosa di più incredibile poi di un cane e un minuscolo volatile che si scambiano valutazioni sulla buca da battezzare per la palla 8 del biliardo? E per di più dentro una cuccia poco più grande della somma dei loro respiri?  Sappiamo tutti che Woodstock tra l’altro possiede un suo zainetto che è circa un quinto di quello del bracchetto, non può farsi appuntare sul petto una medaglia al valore scout perché tracolla sotto il suo peso, non può accompagnare Snoopy a pesca perché rischia di essere assalito da un branco di vermetti inferociti… Sembra proprio che Schulz si sia divertito a rendere credibili con queste microdimensioni una serie di caratterizzazioni, eventi, trovate che non sarebbero state mai altrimenti plausibili, né condivisibili dal lettore smaliziato. Che sorride invece proprio crogiolandosi in questo transfer nell’infinitamente piccolo del comico.

In questa assoluta, immediata e ineliminabile dipendenza Woodstock insegna al bracchetto l’amicizia. Una lezione che Snoopy apprende alla sua maniera, alternando effusioni romantiche a calcoli meno nobili, miscelando candore ed egoismo, spavalderia e dolcezza.

Ma tutto si può riassumere nel bisogno di condividere, sperimentare a coppie questo mondo smisurato e incomprensibile, con due bussole fantastiche che si alimentano e si compensano.

La coppia Snoopy Woodstock è il bisogno del piccolo elevato a potenza, è l’apoteosi di un desiderio di abbraccio che non è sentimentalismo ma è forza reciproca per attraversare la vita. I due piccoli uniti non si accrescono se non di sogni. Noialtri umani abbiamo perfezionato miliardi di strumenti e congegni per mascherare il desiderio di abbraccio, per svilirne il calore: ecco la stretta virile, la guancia che finge di sfiorarsi, l’amplesso nascosto, il chinarsi imbarazzato se in pubblico sulla mano del bambino, magari ridacchiando una smorfia di affettata e falsa superiorità.

Snoopy invece con tutte le sue spavalde guasconate ha sempre tempo e sempre la stessa limpidezza nel baciare e nell’abbracciare. Lo fa perfino con le guance scorbutiche di Lucy, senza alcuna esitazione. La via dell’abbraccio è la via di Snoopy. Finitissima e debole. E’ la via debole, di chi non può attraversare la vita senza tenersi stretto a qualcosa. Prima di tutto la cuccia, così allettante che Woodstock finisce per realizzarsene una di bastoncini, più fragile delle casette dei porcellini della fiaba. Ma comunque un uso condiviso, come fanno i bambini quando replicano su un foglio bianco i tratti del supereroe appena ammirato in tv. Che diventa per loro ancora più reale. E vero. Così per la coppia Snoopy-Woodstock quella cuccia vuol dire casa. Ma perché è stata museo, trampolino, velivolo da combattimento. E’ e rimane la sorgente dei sogni.

Tutte le riflessioni di Snoopy, i pensieri, i quadretti letterari, gli incipit formidabili delle sue storie nascono da lì. Elogio della cuccia. Che è casa, riparo, calore, ancora meglio se condiviso.

 

Un pensiero su “Snoopy e Woodstock. Ovvero dell’amicizia.

  1. Sono molti i periodi di questo articolo che mi colpiscono e sui quali oggi – un po’ meno stanca di ieri dopo un lungo, accaldato viaggio – torno a… meditare. Sì, meditare, perché qui non si parla (almeno per me) di due personaggi dei fumetti se non per il rimando che fanno alle nostre esigenze umane più profonde: l’amicizia (anche quella improbabile fra due soggetti tanto diversi!), il desiderio di accoglienza, di abbraccio, di casa che diventa trampolino (per tuffarsi nella vita), casa che “è e rimane la sorgente dei sogni”. Non è forse vero questo per noi esseri umani, che proiettiamo sui fedelissimi amici l’immagine dei nostri desideri? Non c’è uomo o donna che non si formi nel seno di un abbraccio, nel calore di una casa in cui trovano spazio pensieri, sogni come progetti. E non c’è personalità autentica che non cresca nella condivisione del quotidiano, delle piccole gioie, come dei dolori, di quei giorni che non si sommano mai, ma si tessono. E diventano la nostra storia.

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