Ogni volta mi ci perdo, nei tuoi misteri. Nient’altro al mondo mi comunica quell’idea di perfezione che ho la sensazione di sfiorare quando vengo a contatto con te, con le tue forme perfette, quelle rotondità che non tutti sanno apprezzare, quei cerchi concentrici che fanno il giro di certi amori infiniti: per lungo che possa essere il loro giro, tornano sempre al punto da dove sono partiti, dove tutto comincia, perché a quello appartengono.
Voluttà, quella degli incastri perfetti che c’è nell’amplesso di chi si ama, quando tutto scivola, nulla stride, nessun ostacolo si frappone tra il tempo e il movimento. Quello che si dilata corrisponde a ciò che si contrae e così all’infinito, per chi sa prolungare la durata delle cose.
Nessuno può resistere a ciò che rappresenti, nessuno ancora ha escogitato il modo d’ingannarti…Perché dovrei farlo io, che ti amo e ti custodisco da quando ti conobbi? Non saprei neanche dire cosa mi piacque di te, ma fu subito: non ho mai capito se ti scelsi o ci scegliemmo, fatto sta che fosti speciale da subito e che lo sei ancora, come allora.
Un regalo, che feci a me stesso, consigliandomi da solo in silenzio, per una volta.
Sotto questa luce soffusa che ti bacia, ti contemplo, con la scusa di sfiorarti: il contrario di ciò che in genere fanno gli altri amanti.
Un regalo che non potrà mai appartenermi del tutto, lo so: un giorno racconterai di me, dei battiti del mio cuore, dei centimetri di pelle a qualcun altro, affinché qualcosa rimanga, di ciò che assieme siamo stati.
Ora ti copro, ho gli occhi stanchi, spero di averti tolto di dosso ogni impurità. Non vedo l’ora, buffi a volte i modi di dire, di portarti di nuovo con me…-.
Nello spegnere la lampada, l’orologiaio si accorse di aver parlato da solo, mentre revisionava il suo Eberhard, quello che aveva tolto dalla vetrina tanti anni prima per tenerlo per sé.